Design, prodotto industriale e progetto artistico. Interrogarsi sulla natura dell’oggetto d’arte.

Museo di grafica e multipli d'autore, d'arte moderna e contemporanea

Design: quando l’oggetto di uso comune diventa arte.

Visitando i musei archeologici, spesso se non si è preparati a discernere tra cultura materiale e cultura artistica, si finisce per considerare tutto ciò che si vede nelle teche come prodotto della seconda categoria culturale menzionata. Essendo figli della civiltà industriale e della produzione di massa di prodotti in plastica “a stampo”, il solo fatto che dietro un’anfora di uso comune vi fosse il lavoro diretto di un uomo, ci fa vedere quell’oggetto come un qualche cosa di artistico. Una visione più attenta ci porterà man mano ad allontanarci da una visione così generale, considerando che un cratere o un ariballo decorato era tutt’altro rispetto ad una vinaria in terra grezza, anch’essa prodotta in serie anche se con metodi diversi da una bottiglia di vetro o di plastica. Se poi teniamo in considerazione la storia del Testaccio capiremo profondamente, come soprattutto in età romana, vi fosse una visione della produzione di massa di oggetti di consumo molto simile a quella contemporanea. Naturalmente teniamo in considerazione la fondamentale diversità tra “allora ed ora” che si basa sul fatto che quei materiali erano ecosostenibili al cento per cento, oggi la cosa purtroppo è diversa. Ma se il grande accumulo di materiale di rifiuto riuscì nel tempo a trasformare geograficamente un luogo di Roma in una collinetta artificiale, questo ci fa capire il modo di rapportarsi di quegli uomini che ne furono autori, con un oggetto rotto che per loro non era da conservare per dare a noi modo di visionarlo in un museo, ma solo materiale da eliminare. Oggi la produzione di beni è per lo più seriale e non potrebbe essere diversamente, visto l’esigenza di una popolazione mondiale in espansione numericamente e nelle esigenze. Ma come un prodotto di vasellame poteva divenire oggetto d’uso comune o opera con connotazione artistica, anche il prodotto industriale può assorgere ad oggetto d’arte, se questo non soddisfa solo una esigenza di uso materiale, ma viene concepito quale oggetto estetico e comunicativo. Così come dalla bottega del vasaio, naturalmente vi era differenza tra vasaio e vasaio ma non stiamo qui a fare una lezione di storia dell’arte antica, due oggetti potevano avere uno un destino da “cultura materiale” e uno “ da “cultura artistica”, così oggi da una fabbrica che produce sedie può uscire un oggetto atto solo a soddisfare l’esigenza del sedersi e una sul quale forse non ci siederemo mai, poiché saremo più impegnati ad osservarla e fruirne visivamente delle forme. Con questo, naturalmente, non ci si deve dimenticare che gli oggetti di design nascono proprio per dare in un’unica soluzione una risposta funzionale ed estetica ad un problema o esigenza, ma è pur vero che a volte la valenza estetica finisce per fascinare e far scordare, o non ci vuol far svilire l’oggetto, la funzione d’uso. In Collezione del Talento si è quindi deciso di inserire alcuni oggetti prodotti con sistemi contemporanei che prendendo origine dai sistemi di produzione industriale in serie, per il loro modo di essere concepiti, ideati e sviluppati, si elevano ad oggetto d’arte, intendendo per arte quell’esigenza e capacità comunicativa che è nella natura dell’uomo. I percorsi specifici che hanno portato alla nascita di ogni singolo oggetto sarà affrontato di volta in volta, nel presentare l’operato degli stessi autori.

Seletti – “Toiletpaper”

Swatch – Josè Carlos Casado – “OFF”

Per la 55° Biennale Internazionale d’Arte di Venezia

Fabio Novembre – “Her”

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