IL SOGGETTO ARCHITETTONICO E LA “CENTRALITA’” DELLE “PERIFERIE”.
In questo articolo si vuole sottolineare innanzitutto uno degli aspetti del collezionare, legato alla possibilità di mettere in sequenza una serie di “cose”, accomunate da un unico denominatore, capace di dare all’osservatore quel particolare piacere dovuto al poter fruire dei piccoli dettagli o grandi differenze che contraddistinguono ogni “cosa” osservata. Ma nel specificare ciò che si vuole dire nelle prime righe, a seguire si analizzerà con esempi pratici l’obiettivo di questo articolo. La Collezione del Talento vuole mettere a confronto due opere, un’acquaforte di Renzo Vespignani dal titolo “Gasdotto” e un olio su carta intelata di Jonathan Guaitamacchi, raffigurante uno dei soggetti propri della produzione pittorica di quest’ultimo. La scelta è stata indirizzata dal voler affrontare il tema dell’architettura nell’arte del 900, in riferimento a quella particolare attenzione che molti autori dedicano proprio alle periferie, che sono spesso riportate a un’idea di sub-urbanità, ma che in realtà hanno un ruolo centrale nella narrazione artistica di molti autori. E’ appunto l’idea di periferia che passa da “marginale a centrale” che in questa sede si vuole affrontare, attraverso le rappresentazioni di artisti che hanno operato e che operano nel 900 e nel nuovo millennio.
Senza mai dimenticare tutte le forme espressive che hanno dato nel 900 nuovi spunti per osservare le città, come ad esempio l’opera di Christo, autore della Land Art, che modifica la percezione del monumento di Cristoforo Colombo di Barcellona, si prendono in considerazione le due opere di Vespignani e Guaitamacchi, per mettere a confronto due autori che pur utilizzando metodi rappresentativi tra i più tradizionali, riescono a comunicare, in due momenti storici diversi, le trasformazioni del contesto urbano.
Renzo Vespignani, autore conosciutissimo soprattutto per la figura ed i ritratti, nella sua incisione ci parla di un mondo, a cavallo tra primo e secondo 900, in cui i luoghi periferici della città, ancora in parte caratterizzati dalla campagna, iniziano a vedere la presenza di strutture, appunto l’incastellamento di un gasometro, testimoni di un processo di trasformazione inesorabile che porterà l’urbanizzazione ad appropriarsi in seguito degli spazi che intercorrono tra centro storico e nuove aree, anche quando queste strutture saranno obsolete e unicamente monumenti di un passato industriale. Qui subentra il lavoro di Jonathan Guaitamacchi che, qualche decennio dopo, sembra prendere nella sua opera il testimone, parlandoci di quella periferia urbana oramai sviluppata in tutti gli spazi che prima erano campagna, ma che ora sono una rete di costruzioni labirintiche, poiché il processo dell’urbanizzazione si è oramai concluso appieno. Si è davanti all’alfa e all’omega di una storia urbanistica durata un secolo, “fotografata” in due momenti significativi della sua evoluzione. Ma se la città suburbana è la protagonista della nostra storia, non ci si può scordare del soggetto artefice di questa stessa, ovvero l’uomo. E l’uomo è proprio li, ai piedi del gasdotto e dentro i palazzi anonimi, lui stesso costruttore e quindi artefice di questa storia, e protagonista di tante vite che in quegli spazi si svolgono e si consumano, in un silenzio che i due autori riescono a trasmetterci anche attraverso al mezzo visivo. Infondo l’uomo costruisce, l’uomo si chiude negli spazi da esso ideati ed infine cerca di evaderne, non solo fisicamente ma anche attraverso all’arte, come insegnano i contemporanei esempi di street art che si stanno sviluppando in tutto il mondo. Questo perchè il tempo può passare, ma l’umanità deve sempre rinnovare la sua centralità quale unica forza pensante, capace di dare risposte alle proprie esigenze, partendo dalle osservazioni di artisti che mettono in guardia, con le loro visioni realistiche, dalle derive di una vita che non trova più un suo equilibrio e il successivo intervento creativo di chi ricorda all’uomo di essere appunto “l’unica forma pensante” che può indirizzare il proprio futuro in modo virtuoso.