Si può trovare una motivazione oggettiva all’esigenza che muove alcune persone a dedicarsi al collezionismo d’Arte?
Forse la prima risposta che potrebbe venire naturale, se è il denaro a spingere le azioni di chi risponde, potrebbe essere il vedere in questa attività una forma di investimento redditizio. E obiettivamente, specie in periodi economici non floridi, l’opera d’arte si comporta da bene rifugio e quando i mercati sono positivi, i valori aumentano anche in modo esponenziale. Ma se fosse solo l’interesse economico a dettare le regole, si dovrebbe ipotizzare la figura di un collezionista capace di mantenere sempre una certa distanza da ciò che “raccoglie”, al fine di potersene distaccare nel momento più propizio per una vendita. Però il collezionista non è una persona che semplicemente raccoglie, ma innanzitutto vi è in lui una vera attrazione per l’“opera”, la quale diventa vero e proprio soggetto di un desiderio. Ed è proprio il desiderio a muovere l’economia e non il denaro a cancellare il puro amore per l’arte. Inoltre il collezionista, molto spesso, dopo aver ottenuto l’oggetto del desiderio e averne fruito in prima persona, condivide la propria passione con gli altri, con esposizioni temporanee o permanenti. Ma allora anche in questo caso si potrebbe ipotizzare un interesse di tipo economico, ovvero fare proventi con prestiti o biglietteria, oppure la volontà di dimostrare il proprio “potere d’acquisto”, relativamente al valore di ciò che si possiede. Ma neanche queste ultime ipotesi secondo la nostra visione incarnano lo spirito “puro” del collezionista. L’immagine che invece preferiamo è quella di una persona che sente il “dovere” sociale di interessarsi a un particolare aspetto della cultura, attraverso diversi stadi di sviluppo di un progetto, che tenendo conto della temporalità dell’esistenza umana, va oltre il proprio tempo terreno e quindi tende immancabilmente per concludersi con un progetto del “dopo me stesso”. Girando per vari musei di fondazione privata, si può appunto vedere come spesso questi siano nati dalla passione di un singolo soggetto che ha “consacrato” la propria vita al collezionismo, per poi lasciare le collezioni al pubblico, all’esaurirsi della propria esperienza umana. E sono queste grandi eredità sociali che ci danno modo di poter fruire di grandi bacini culturali rappresentati da tanti musei, piccoli e grandi, presenti in città note o a volte in piccoli centri, dove spesso ci possiamo stupire di trovare perle che nemmeno ci aspettavamo. Quando parliamo di questo tipo di collezionismo, non ci vogliamo comunque fermare solo su quello d’arte, ma è interessante tenere in considerazione tutta l’offerta culturale che spazia dalle pinacoteche alle collezioni di ceramiche, per passare dai musei del teatro della figura, sino alle case museo e biblioteche di letterati. Naturalmente non è interesse del nostro ragionamento la natura amministrativa e gestionale di tali istituzioni, le quali nel tempo possono anche divenire da private a pubbliche, tramite l’acquisizione da parte di comuni o altri enti, ma piuttosto l’esplorazione dei motivi che hanno dato origine all’azione stessa del collezionare. Motivi che portano appunto il collezionista a sacrificare parte della propria economia, qualunque essa sia, per intraprendere un progetto che va spesso oltre le proprie esigenze personali.